Facciamo un patto
di Giovanni Beraldo | pubblicato il 21 settembre 2023
Un patto, mia cara Sophía, è un contratto che stipuliamo innanzitutto con noi stessi e, nel qual caso, esso prevede almeno due soggetti, io e la mia coscienza; quantità minima ma, ahinoi, a volte mancante.
Numero esiguo ma a volte irraggiungibile per mancanza della seconda unità; corrisponda essa all’anima, come sostenevano Platone ed Aristotele o alla morale, come ritenevano Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino. La coscienza, cara Sophía, questa sfuggente quanto ingombrante compagna di viaggio di ogni essere umano, veniva intesa da René Descartes (1596 - 1650) e G. Wilhelm von Leibniz (1646 - 1716) come ragione, figlia della facoltà di apprendere.
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Ma cosa si può imparare?
John Locke (1632 - 1704) e George Berkeley (1685 - 1753) ci direbbero che possiamo apprendere solo ciò che possiamo percepire come esistente.
Infine, ma non per demerito, arrivò il filosofo tedesco Edmund Husserl (1859 - 1938) padre della fenomenologia, a spiegarci che la coscienza si dà a se stessa mentre gli oggetti si danno alla coscienza mediante l’osservare, il percepire, ecc.
Il patto che conduce alla libertà
Avrai compreso che la coscienza è un viaggio lungo una, cento, mille vite; che si alimenta di ogni cosa che ad essa si offre fin dai tempi nei quali gli esseri umani uscirono, per dirla come certi filosofi contrattualisti, dallo stato di natura in conseguenza ad un patto.
Ti sto accompagnando, mia attenta Sophía, a conoscere i tre grandi filosofi giusnaturalisti: T. Hobbes (1588 - 1679), J. Locke e J.J. Rousseau (1712 - 1778). A questo punto però è doveroso, da parte mia, ricordarti che tutti i filosofi scrivevano avendo come punto d’origine del proprio pensiero la situazione che vivevano e consideravano le loro teorie quanto di più appropriato in relazione al tempo contingente.
Per Hobbes, vissuto durante la guerra civile inglese, in un dato momento gli uomini escono dallo stato di natura, nel quale hanno sempre vissuto in modo istintuale e dove impera l’egoismo, perché vogliono salvare la propria vita e, con un patto, si consegnano immediatamente ad un sovrano che ne garantisce la vita in cambio di ogni libertà. Egli teorizzava lo stato assolutistico.
Anche John Locke, filosofo inglese e padre del liberalismo, pone all’inizio della società un patto che gli uomini fanno, una volta usciti anch’essi dallo stato di natura diverso rispetto a quello immaginato dal collega, per garantirsi il diritto di parola, libertà e proprietà eleggendo un sovrano il quale, ecco un’altra differenza rispetto ad Hobbes, poteva essere deposto qualora non rispettasse il mandato affidatogli.
Infine, Sophía, il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau svilupperà il concetto metafisico di "Volontà Generale" quale sola espressione di un popolo che permette agli esseri umani l’uscita dallo stato di natura per dare vita ad una democrazia.
Jean-Jacques Rousseau
E al giorno d’oggi cosa abbiamo imparato da questi grandi pensatori?
Oggi, che il patto politico è quasi sempre disatteso? Il patto sociale sovente iniquo e quello con noi stessi è spesso un inganno?
Eppure senza regole non si sopravvive e chi crede di potersela cavare ugualmente non è un sognatore ma un illuso, un don Chisciotte errante impegnato nell’improbabile lotta con i propri personalissimi mulini a vento.
Stare nel patto è un po’ come stare nel tempo: impegnati in una rincorsa senza fine ma all’interno di regole precise che salvaguardano il bene più prezioso: la libertà.
Un contratto di servizio, un patto morale
Quegli stessi principi che ogni consulente finanziario conviene con i propri clienti in un patto di servizio al quale devono stare entrambi fedeli lungo tutto l’arco della loro relazione professionale.
Si sottoscrive, quasi sempre moralmente, un patto per salvaguardare gli obiettivi, evitare fraintendimenti, sviluppare delle strategie, realizzare dei progetti, trasformare alcuni sogni in realtà.
Né sovrano, né suddito; il consulente finanziario, cara Sophía, riveste un ruolo ben definito, manifestato dalla disponibilità di mettere al servizio del proprio cliente la professionalità e le competenze che gli sono riconosciute.
Dentro a quell’accordo entrambi definiscono il percorso, l’inizio, la meta. Il loro impegno è inalienabile; certamente modificabile, strada facendo, ma mai assente.
Con se stessi, cara Sophía, con chi ci sta accanto o con la società, il patto è dedizione e passione che scaturiscono dall’esigenza di semplificarci la vita. Al bivio dell’esistenza sociale è la via giusta verso la felicità. Solamente un patto col diavolo potrebbe rappresentare la via più breve ma, come sperimentarono Dorian Gray e Faust, il prezzo da pagare sarebbe troppo oneroso.